A spasso per Ischia

La "Zingara", il famoso panino della movida ischitana

Mi faccio un regalo. E lo condivido. Per il VentiVentuno del secolo 21. Cabalisticamente non è niente male, andate a verificare. E poi, nella Smorfia, il 21 è la «donna nuda». Ahi, ahi. Così ho deciso di sollevare il velo… di una storia «bellissima e buonissima». Necessaria. Che mette al suo posto un po’ di cose. È la vera storia della Zingara, il famoso panino dellamovida.
L’avete provata, no? Due grandi fette di pane (rigorosamente cotto a legna o pellet) che si racchiudono, una volta maionesizzate all’interno, su un ripieno stratificato orizzontale di prosciutto crudofiordilattepomodoro insalatoso (della grandezza di quelle verdi fritti... alla fermata del treno, banale citazione per cinefili) e, poi… Poi? Poggiando la creazione sulla piastra arroventata, occorre schiacciarla con attenzione, girando le due facce sottosopra un paio di volte, affinché il calore faccia la sua parte al cuore, e la sbruciacchiatura superficiale della mollica, che non deve giungere al confine troppo croccante della bruschetta… s’impregni d’umori, grassi e profumi… Infine le due fettone gonfie di squisitezza si tagliano trasversalmente a metà, che fa rima (meglio) con birra a volontà.

Non tutti sanno che la Zingara è un’ischitana verace, ha un background d’ispirazione anglosassone, è nata a Ischia Ponte nella seconda metà degli Anni Settanta e il suo creatore è un personaggio poliedrico, versatile e creativo al top: Nello Massa. Originalissimo come designer e scultore, artista ipersensibile e riflessivo; imprenditore moderno e di forte inventiva, sub provetto, globetrotter e poi marito e padre stanziale, Nello è un isolano talentuoso che ha una qualità rara, l’understatement, che io traduco con «la consapevolezza del sorriso relazionale». Siamo amici, ci incontriamo di rado, ha sposato mia cugina Giovanna Molino e gli voglio bene.ZINGARA 180

Ci ho messo giusto un po’ a convincerlo di raccontarmi la nascita della Zingara: per me significa attribuirgli un brevetto al quale non ha mai pensato, un sorta di risarcimento identitario opportuno, visto che questo panino è un po’ figlio dei fiori, dell’avanguardia semplice e della preveggenza (nomen omen, in tutti i sensi…); e ha ampiamente superato i confini isolani per trasformarsi in icona arcinota del food campano, pure nazionale e con qualche scappatina all’estero, dove l’italian sound del cibo funziona sempre (credo in Spagna).